Un’so miha arrivatha con la pienah

Un’so miha arrivatha con la pienah
Significato: non sono un ignorante e mi so comportare in pubblico.
Comprensione: quando l’Arno è in piena trasporta qualsiasi cosa, questa frase significa che non si è detriti di fiume e si ha (talvolta) anche una certa classe
Notizie dal fronte. La mia Aloe non sta benissimo, anche se ogni mattina la metto al sole e le parlo le sue foglie sono ancora tutte flosce e sto iniziando a preoccuparmi seriamente. Sarà colpa del mio umore o del mio senso dell’umorismo? Sicuramente, non può essere a causa dell’inquinamento, a Milano non si è mai respirato così bene. Se lo possiamo chiamare respirare.
In questi giorni ho pensato molto a cosa potessi raccontare, per farvi fare una risata o forse per farla io stessa, da sola nel silenzio di casa mia. Poi ho pensato a quando eravamo tutti insieme, nella calca della vita a lamentarci di ogni situazione e allora mi sono ricordata un episodio di quando ero molto, molto, molto (aiutatemi a dire molto) più mondana. Quindi beccatevi questa storia.
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Due anni fa lavoravo per un’influencer, una di quelle con la I maiuscola. È stato un periodo fighissimo fatto di grandi eventi, regali dai brand, tacchi alti e open bar… fiumi di open bar. Non saprei nemmeno dire a quanti eventi sono andata, eravamo un team di giovani donne con il cambio in ufficio, sempre pronte a truccarci e presentarci rigorosamente super in tiro ad ogni evento.
Quando vieni invitato così tante volte agli eventi impari a riconoscere quelli che sono venuti bene da quelli che sono – clamorosamente – un flop. Uno dei miei “preferiti” non fu solamente un flop ma ci affamarono così tanto, che vidi giornaliste afferrare con avidità dai bicchieri le fette di arancia dei loro spritz Aperol come fossero la prima cosa che mangiavano da secoli. E fidatevi, nessun brand dovrebbe volere un’orda di giornaliste ubriache e affamate al lancio di un nuovo prodotto, non conviene per due motivi: il primo è che saranno tutte così sbronze da non ricordare nemmeno se hanno visto un rossetto o una crema viso e in secondo luogo saranno così incavolate che beh, molto probabilmente la recensione che pubblicheranno non sarà delle migliori.
Ma sto divagando. Come al mio solito. La storia è la seguente.
Eravamo state invitate ad un evento da un noto brand skincare, famosissimo giuro, così famoso che ogni mamma ha almeno un suo prodotto sulla mensola del bagno. Sta di fatto che, era stato organizzato tutto nei minimi dettagli; location per i selfie, ring-light, prodotti in bella vista, giochi per le influencer, open bar, tutto era veramente incredibile eccetto per un minuscolo dettaglio, l’unica cosa commestibile erano ciotole di caramelle. Sì, avete letto bene: caramelle.
Ecco se quando ero bambina sostituire la cena da un abbondante piatto di confetti al cioccolato e caramelle gommose poteva essere invitante a quasi 30anni non lo è più… anzi, mi preoccupa alquanto, pensando non solo alle possibili carie ma soprattutto all’ enorme quantità di calorie che sto ingerendo… e io sono a dieta da una vita. Mi ricordo ancora che i camerieri giravano per l’open space con enormi ciotole da cui, con una minuscola pinzetta, estraevano e consegnavano alle giornaliste affamate marshmallow e liquirizie. Che se poi, come a me, la liquirizia vi fa pure schifo, siete fregate del tutto, perché state rifiutando l’unica vostra possibile fonte di sostentamento.
Sta di fatto che la serata era interminabile e al secondo gin tonic iniziavo non solo ad avere la testa pesante ma anche un incredibile male ai piedi – io i tacchi li odio veramente. Ad un tratto mi si avvicina una delle Pr e insieme ad altre ragazze del settore iniziamo a chiacchierare.
Dovete sapere due cose di me, la prima è che io parlerei anche con i muri, la seconda è che mi piace molto bere – ora che lo sapete possiamo far continuare la storia.
Una cosa tira l’altra e tra musica alta, alcool gratis, lavoro e conoscenza, si inizia a chiacchierare e a chiedersi delle ultime esperienze lavorative «maddai, davvero ha cambiato azienda, non mi dire» e giù un gin tonic. Oppure, «ma certo pure io ho fatto la Bocconi» e giù un altro gin tonic. Infine, come succede spesso a Milano – perché diciamocelo i milanesi sono tipo un animale mitologico – arriva la classica domanda: «ma da dov’è che vieni?». E tra Roma, Catania e Bergamo (e un altro gin tonic) esce anche la mia provenienza: Firenze.
«Macché, davero? Oh, ma non si sente per niente che sei toscana, davvero!» mi viene detto in uno spiccato accento romano. E, amici miei credetemi, saranno stati i troppi gin tonic gratis ma l’unica cosa che sono riuscita a rispondere è stato: «bhe, un’so miha arrivatha con la pienah».
Faccia attonita. Silenzio. Sipario.
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Devo dire che riesco sempre a mantenere una certa classe, non c’è che dire.
-2 Comments-
Troppo divertente!
Devo dire che questo periodo di clausura forzata ti è di stimolo!!!
Brava
come sempre sagace.
sei spiritosa e mi hai fatto fare 2 belle risate.
grazie!!!!