La carne drogata? Robb de Matt al Mercato Comunale!

“L’é drogata”
Significato del termine: insaporita, speziata, arricchita dagli aromi.
Esempio: “La ciccia l’era così bona perché l’era tutta drogata”
Quando sono arrivata a Milano, tutte le persone che incontravo si entusiasmavano per i deliziosi manicaretti toscani, ed io da buona forchetta quale sono, li deludevo terribilmente quando svelavo che non ero assolutamente capace di prepararli. Figlia di un uomo che cucina grandiosamente, mi sono sempre concentrata più sull’assaggio che sulla preparazione, errore madornale perché, una volta andata a vivere da sola, la mia alimentazione è stata per molto tempo caratterizzata dal menù: cordon bleu e insalata – rigorosamente scondita. Perdoname babbo por mi vida scipita!
Una sera decido di invitare amici e fidanzato a casa e di provare ad allietare tutti con una cenetta toscana con i contro cazzi: decido irresponsabilmente di cucinare l’arista di maiale con le patate credendo di riuscire a cucinarla a modino. Chiamo mio padre per farmi dare la ricetta, che si raccomanda di non comprare la carne al supermercato, ma di andare dal macellaio per trovare una qualità decente (sottotesto: tanto, non essedo a km 0 dal Chianti, farà cacare comunque).
Armata di coraggio mi reco un sabato mattina al Mercato di Piazza XXIV Maggio, crocevia di culture nel centro della city. Colorato e ricco di profumi che provengono da tutto il mondo, ricorda in un certo modo, la Boqueria di Barcellona. Camminando sulle sporche e sbeccate mattonelle è possibile fare il giro del mondo in soli 20 minuti: iniziando dal Sud America, passando per l’Asia, fino ad arrivare in Puglia. Ad ogni banco è possibile scovare prodotti nuovi, mai visti e decisamente sui generis – è stato proprio al Mercato Comunale che ho assaggiato per la prima volta il tamarindo e la canna da zucchero, sentendomi immediatamente trasportata nella Pampa sconfinata. Varco tutta estasiata la soglia del Mercato, mi aggiro tra i banchi e mi faccio guidare dagli aromi fino ad arrivare alla vetrina rosa fluorescente del macellaio.
Mi avvicino e aspettando il mio turno, guardo i pezzi di carne, alcuni li riconosco altri no, rimanendo incuriosita dalle differenze tra Firenze e Milano. Da noi i tagli della carne sono più grezzi per soddisfare le ricette popolari, qui invece è tutto più magro e delicato per preparare la schiscia. Arriva il mio turno, la macellaia nel suo camice sporco di manate di sangue e con il gilet di pile mi guarda truce; sarà la mannaia in mano, ma non ho voglia di farla incazzare.
«Ué signorina, se la vör?» mi chiede lanciando un pezzo di carne dentro al banco frigo
«Vorrei 3 kg di Arista, grazie» sorrido allegra.
«Ste vöret?!» mi richiede in maniera impaziente e anche un pò innervosita, ripeto la mia scelta venendo nuovamente incompresa.
«Ti te set minga de Milàn, nè?!»
«No Signora mi scusi, ma sono di Firenze» che poi perché mi devo scusare, vabbè.
«Ah, béla Firenze: Dante, Benigni, gli Uffizi. Va là, ste vöret tusa?» Continua a insistere la sciüra in un milanese strettissimo.
Dopo quindici minuti di questo siparietto, con tutti i vecchietti del mercato che cercano di aiutarmi a spiegare che carne voglio e come devo pronunciare le parole in milanese, finalmente io e la macellaia ci capiamo. Portando a termine questo incontro linguistico che ricorda tanto una puntata di “Magic English” della Disney che guardavo in videocassetta da bambina.
«Signora, la prego vorrei 3 kg di quella carne» le dico sfinita indicando speranzosa il pezzo di carne nella vetrina.
«Ah la lonza di maiale, sta su de dos quant temp per dirlo!» esclama agitando la mannaia.
Finalmente la sua mano si allunga verso la tanto agognata ciccia, il coltello scivola e taglia il pezzo di carne che viene posato sul vassoio di metallo. La sciüra mi guarda soddisfatta – siamo riuscite a concludere l’ordine e ormai siamo un grande team. Con fare quasi materno mi dice «te la fü sü la lonza?» a quel punto con un sorriso di intesa le dico «sì grazie! Ah, un ultima richiesta: me la fa drogatha l’arista? »
…
Nonostante tutta quella fatica, la sera la carne l’ho fatta secca e i miei amici mi hanno preso per il culo per un anno.
…
Insomma, la morale di questo racconto è:
1) Mai fare incazzare una macellaia al mercato armata di mannaia che parla milanese.
2) Imparare a parlare il dialetto della città che ti ospita è sempre molto utile.
3) A Milano puoi trovare di tutto, ma la ciccia te la droghi da te!
-1 Comment-
Mi hai fatto schiantare dal ridere,il dialetto milanese era stretto stretto