“E Dié No!” Quando sei toscana e ti fai riconoscere

E-diè-no
Significato del termine: Per Dio no.
Da utilizzare come rafforzativo all’interno di una frase.
Esempio: per esprimere gioia, oppure approvazione.
Sono arrivata a Milano ormai più di 10 anni fa, terza liceo, un dramma. Devo ammettere che quando ero piccolina il mio accento era molto più marcato di adesso, quindi praticamente impossibile non accorgersi che non fossi autoctona della grande pianura lombarda. Voglio essere onesta, si sentiva lontano chilometri che ero di un’altra città. Inoltre, devo ammettere che avevo la terribile abitudine di ripetere ogni tre parole «E Dié no» che, tradotto per voi significa: per Dio no. Terminologia che esprime tutto e niente, si può usare come imprecazione, oppure come rafforzativo di una frase, ad esempio: «ti piace la cena? E Dié no!», che poi è come dire sì, ma in maniera molto più grezza.
Sta di fatto che era il primo giorno di scuola ed avevo una gigantesca ansia da prestazione – che già cambiare scuola non è divertente, ma se poi lo fai anche cambiando città è veramente un trauma. Per farvela breve, la sera prima di iniziare la scuola tutta la mia famiglia mi chiama a casa per augurarmi buona fortuna e allo stesso tempo far accrescere a dismisura la mia ansia:
« Non farti riconoscere subito, cerca di tenere a bada l’accento » mi dice mia zia.
« Sei una ragazza così carina, non parlare come una contadinaccia » si premura mia nonna.
« Non dire cose che non capiscono, alcune parole sono diverse dal toscano al milanese » mi dicono gli amici dei miei genitori.
Insomma, arrivo davanti alla scuola, le parole della mia famiglia mi rimbombano in testa: non dire quello, non fare quello, non strascicare le C, non aspirare le lettere… sono pronta, ce la posso fare. Entro in classe, sono tutti già seduti – come nei peggiori film adolescenziali americani – la professoressa mi presenta a tutti.
Primo banco, la classica secchiona vestita bene e con la faccia da “so tutto io” mi guarda mezzo storto, dietro di lei due ragazze super trendy nemmeno si sono accorte della mia presenza tanto sono prese dal loro chiacchierare, un gruppetto di ragazzi nell’angolo mi guarda strano ridacchiando. Finalemente, adocchio un posto vuoto a metà classe occupato per l’altra parte da un ragazzino con i capelli unti che ha palesemente sonno, mi siedo, il ragazzino mi osserva currioso ma – fortunatamente – non mi rivolge parola.
« Tiberina» mi chiama la professoressa, «secondo il suo programma avete fatto Dante al suo liceo, è corretto?» mi chiede
Cosa risponderle? Ovvio che abbiamo studiato Dante, sono toscana è come chiedere ad un uccello se sa volare! Noi Dante “cara prof” lo iniziamo a studiare in quinta elementare, sai! Le vorrei dire, invece come volevasi dimostrare, enuncio un forte – fortissimo – « E Dié no! »
« Mi scusi che cosa ha dëtto? » dice lei, con una “E” così chiusa da far stridere i denti.
« Si professoressa, abbiamo studiato Dante » ripeto.
In soli 5 minuti sono passata da essere “quella nuova” ad essere “quella che non parla normale”. Per i restanti 2 anni per tutti sono stata semplicemente “la toscanaccia”.
-2 Comments-
Troppo divertente, cara Toscanaccia!
ma diamine l’è proprio scritto bene! brava divertente